Sembra la solita retorica, quella del calcio inglese e del terzo tempo, maglietta juve rosa ma è tutto vero. Qualche scarpata vola, come è normale che sia, ma poi ci si rialza e ci si abbraccia un secondo: il tempo di dirsi che va tutto bene e poi ognuno riparte per la sua strada. Lo ammetto: quando la difesa avversaria ha allontanato la minaccia e ho visto quel pallone impennarsi e poi scendere verso di me, al limite dell’area di rigore, per un attimo ho pensato realmente che stesse per giungere il momento. O meglio, lo fanno i miei compagni di squadra, dato che con una triangolazione sulla destra tagliano fuori un difensore ma anche me, che assisto allo scambio come un vigile urbano in mezzo al traffico. Ed è proprio Matt che spezza il mio sogno di segnare un gol da antologia, di quelli che entrano dritti nelle classifiche dei best-goal-all-time insieme al tacco di Zola, alla sforbiciata di Di Canio e alla giravolta di Bergkamp, distendendosi alla sua destra e smanacciando via il mio potente diagonale al volo (non l’ho lisciata!) destinato all’angolino. Siamo tornati bambini. Uno, in preda al delirio, cerca addirittura di farsi dei selfie mentre calcia in porta.
Fa anche qualche rimbalzino sull’erba prima di accomodarsi tra le braccia di Matt, che nel mio film personale si era dovuto allungare per sventare la minaccia, mentre in questa versione sembra quasi sorridermi con commiserazione. ” nel weekend. Oggi è la prima squadra di Premier di cui controllo il risultato, esulto ad ogni gol del neozelandese Chris Wood, il nostro bomber da 4 reti in stagione, ed eccomi qui ad attendere come un vero tifoso Burnley-Tottenham, scontro diretto che vale il sesto posto in classifica, dopo che noi Clarets ci siamo intrufolati tra le “big six” (un punto davanti al Tottenham, appunto) con una prima parte di stagione da stropicciarsi gli occhi. Ma da quel giorno in poi, vi garantisco, si inizia a guardare al club prescelto con occhi diversi. L’ostello mette a disposizione una sala comune fornita di televisore e angolo lettura dove potrete conoscere altri ospiti, provenienti da diversi paesi. E quando i nostri scenderanno in campo e parcheggeranno il pullman in area per resistere agli assalti del Tottenham, noi saremo lì a soffrire insieme a loro.
Insieme al gemello Tom, Matt gioca (o meglio, paga per giocare) nel Burnley da anni. Dopo l’annunciato restyling della squadra con il nuovo obiettivo salvezza, e numerose sconfitte condite con pochi pareggi e una vittoria (in casa, 1-0 all’Imolese), il 4 aprile 2024 Maurizio De Simone viene arrestato insieme ad altre persone per una maxi-truffa sui bonus europei per il PNRR (tra cui anche l’ex Presidente Lehmann). A cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, la Danimarca indossò una maglia molto classica nel suo complesso, ma dal design moderno, con la quale partecipò a Euro 2000, guidata in attacco da Jon Dahl Tomasson. Minimal e molto tedesco. Il resto della partita (che per la cronaca finisce 5-2 per l’altro Burnley, ma vi assicuro che in campo nessuno pensa al risultato o alla vittoria) è un’infinita carrellata di passaggi sbagliati, tiri sbilenchi, stop a inseguire. Quello che tutti chiamano “John Terry” (provate a immaginare il perché), invece, sta cercando di stabilire un qualche tipo di record, visto che si è iscritto a una decina di partite come questa e farà una specie di tour per gli stadi inglesi. Ha destato scandalo l’utilizzo della divisa della nazionale colombiana da parte del club iracheno del Duhok per alcune partite del campionato iracheno.
Nell’ultima tornata di maglie realizzata da Nike per le Nazionali, si può vedere un ottimo esempio: la divisa home della Nigeria ha un colletto rettangolare. Si può scegliere nome, divisa e numero di maglia, invece lo stemma è assegnato in base alla divisa scelta. Quella della Danimarca del 1986 è stata scelta dalla rivista «Four Four Two» come la più bella di sempre tra le 50 migliori maglie di sempre (tra club e nazionali). Trecento sterle non sono poche, certo, ma ecco un breve elenco delle emozioni a cui ti danno diritto: entrare nello spogliatoio e trovare le maglie personalizzate appese e i completi piegati ordinatamente sulla panchina (kit che poi resta ai giocatori per ricordo), uscire dal tunnel e vedere lo spicchio verde di campo che si allarga sempre più fino a diventare il manto erboso più perfetto che abbia mai calcato in vita mia, essere accolti dal boato del pubblico (circa una trentina di spettatori paganti – 5 sterline a testa per l’ingresso – tutti amici e parenti dei giocatori), trovarsi al centro di un tipico stadio all’inglese – raccolto, pulito, curato – e, paralizzati dall’emozione, cercare di assorbire tutta la magia di quegli istanti, stampandosi nella memoria il maggior numero possibile di dettagli.
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